Rielaborazione nel contesto internazionale

0%

Le misure coercitive a scopo assistenziale e i collocamenti extrafamiliari non sono avvenuti solo in Svizzera, ma anche in molti altri Paesi. Anche questi Paesi stanno rielaborando questa ingiustizia storica, anche se con alcune differenze. La ricerca scientifica evidenzia che le esperienze delle persone interessate e le strutture di potere alla base di queste misure hanno diversi punti in comune.

Fotografia a colori di diversi bambini e due adulti dietro uno striscione con la scritta “Every Child Matters”. “Every Child Matters” è un movimento canadese che si concentra sui diritti, il benessere e la dignità di tutti i bambini, in particolare quelli indigeni.
I bambini si preparano alla prima marcia della riconciliazione a Montréal. 30 settembre 2021. «Every Child Matters», in italiano «Ogni bambino conta», è un movimento canadese che pone al centro i diritti, il benessere e la dignità di tutti i bambini, in particolare quelli indigeni. Immagine: Mario Beauregard. Fonte: CP135569129, © The Canadian Press Images.

Già negli anni Novanta, Paesi come l’Australia, il Canada o l’Irlanda, per esempio, hanno iniziato a confrontarsi con la problematica delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari. In Australia e in Canada l’attenzione si è concentrata soprattutto sul destino delle bambine e dei bambini indigeni, strappati alle famiglie e costretti ad adattarsi alla società dominante. In Irlanda, invece, la ricerca ha riguardato soprattutto le cosiddette «case Magdalene» e la condotta della Chiesa cattolica, che ebbe un ruolo centrale nella vicenda.

Fotografia in bianco e nero di un'aula scolastica con banchi di legno, dove alcune ragazze sono sedute e scrivono. Si tratta di una cosiddetta “Residential School” (istituto di educazione) per bambini indigeni in Canada.

Ora di lezione alla scuola residenziale indiana cattolica romana di Denı́nu Kų́ę́ (Fort Resolution), Territori del Nord-Ovest, Canada.

Una delle tante cosiddette «scuole residenziali» canadesi, dove venivano mandati i bambini «indigeni» per allontanarli dalla loro cultura d'origine e educarli secondo i valori cristiani europei.

Immagine: sconosciuto. Fonte: By BiblioArchives / LibraryArchives from Canada - Study period at Roman Catholic Indian Residential School, [Fort] Resolution, Northwest Territories. CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58390251.

Fotografia in bianco e nero di giovani donne vestite con grembiuli. Lavorano in una lavanderia.

Lavandaie in una Casa Magdalena in Inghilterra all'inizio del XX secolo.

I Case Magdalene sono istituti in cui le donne (madri single, prostitute, vittime di stupro, tossicodipendenti) venivano trattenute contro la loro volontà e costrette a lavorare. Spesso hanno dovuto dare i propri figli in adozione.

Immagine: sconosciuto. Fonte: Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11187106.

Successivamente, anche in Inghilterra, Norvegia, Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, Germania e Austria si sono analizzate le irregolarità negli istituti per l’infanzia e gli abusi nei collocamenti extrafamiliari. A dare il via a questo processo di ricerca è stata anche la Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, che sottolinea il diritto delle bambine e dei bambini a essere protetti e ascoltati.

Esperienze simili tra le persone interessate

Anche se tra Paesi e regioni c’erano differenze a livello di organizzazione istituzionale, le forme di violenza, le strutture di potere e le esperienze delle persone interessate sono simili. Tantissime persone subirono abusi e violenze in orfanotrofi e istituti, furono costrette a lavorare e sfruttate. I legami familiari vennero distrutti. Molte delle persone interessate portano ancora oggi i segni di quelle esperienze sotto forma di disturbi post-traumatici da stress, per esempio, o di problemi di salute cronici. Un altro tratto comune tra i diversi Paesi è la provenienza della maggior parte delle persone interessate da condizioni sociali ed economiche difficili. Invece di liberarle da quelle condizioni, spesso, le misure le condannavano a non conseguire titoli di studio adeguati e, di conseguenza, a continuare a vivere nella precarietà.

Percorsi di rielaborazione e riconoscimento

Di solito i processi di rielaborazione comprendono più iniziative. Si conducono ricerche scientifiche, si concedono contributi finanziari e si offre un sostegno psicologico alle vittime. Governi e istituzioni responsabili chiedono ufficialmente scusa. I progetti divulgativi vogliono far conoscere i risultati delle ricerche scientifiche e le testimonianze di chi ha vissuto queste misure a una larga fetta della popolazione. Rispetto ad altri Paesi, la Svizzera ha iniziato tardi questo processo. Per contro, però, la sua rielaborazione è piuttosto ampia. In Svizzera, infatti, non si limita a singole forme di misure coercitive o a singoli gruppi di persone interessate, come i bambini collocati in istituto o dati in affidamento, per esempio, ma contempla anche l’internamento amministrativo, le adozioni, gli aborti, le sterilizzazioni, e i trattamenti medici forzati o le sperimentazioni di farmaci.

Fotografia a colori di un cortile recintato con muri in pietra. Vista dall'ingresso. All'ingresso e sul lato opposto si vedono fiori e targhe commemorative. Qui si commemorano i bambini morti nella casa madre e figlio Bon Secours a Tuam, Galway.
Fossa comune presso la casa di accoglienza per madri e bambini Bon Secours a Tuam, nella contea di Galway. Immagine: Auguste Blanqui. Fonte: By Auguste Blanqui - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=81435462.

Un’altra forma di questa analisi critica del passato è costituita dallecosiddette «commissioni per la verità e per la conciliazione». Commissioni di questo tipo nascono in Sudafrica verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso, dopo la fine dell’Apartheid. In quel caso diedero modo alle persone interessate di parlare delle loro esperienze, smascherarono strutture di violenza e organizzarono incontri tra vittime e carnefici. Questo per spianare la strada a una società democratica. Oltre a questo, sorgono nuove iniziative per analizzare e riconoscere l’ingiustizia. Con la «Justice Initiative», la Fondazione Guido Fluri insieme a gruppi di vittime, organizzazioni delle persone interessate e ricercatrici e ricercatori europei, ha lanciato una nuova iniziativa politica. Questa iniziativa si batte per un processo di rielaborazione degli abusi commessi su bambine e bambini che coinvolga tutta l’Europa e per una migliore tutela dell’infanzia.

Dato che da alcuni anni sono in corso processi simili di rielaborazione in diversi Stati, si parla anche di una «Age of Inquiry», e cioè di un’epoca di inchiesta. Molti Paesi si impegnano per cambiare la loro cultura della memoria gettando uno sguardo critico al passato. Le persone che prima venivano sistematicamente discriminate e spinte ai margini della società devono ora poter prendere la parola e avere un posto nella memoria culturale collettiva.

Cercate materiale didattico per la scuola?