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Ieri. Una panoramica

Fino alla fine del XX secolo, le autorità svizzere entravano nella vita di centinaia di migliaia di persone con le cosiddette «misure coercitive a scopo assistenziale e collocamenti extrafamiliari». Queste misure venivano disposte in nome dell’assistenza. L’obiettivo era combattere la povertà e garantire l’ordine sociale. Di fatto, però, questa pratica causava enormi ingiustizie e sofferenze.

Tra le misure più frequenti rientravano i collocamenti extrafamiliari di bambine, bambini e adolescenti in orfanotrofi, istituti di rieducazione o presso famiglie affilianti. Molti di loro prestavano servizio come bambini in appalto, e svolgevano lavori pesanti in aziende agricole o di altro tipo. Tra le categorie colpite rientra anche la minoranza degli Jenisch e dei Sinti: autorità e opere assistenziali strappavano bambine e bambini alle famiglie di origine per collocarli in famiglie affilianti o istituti per l’infanzia.

Era frequente anche il collocamento di persone adulte in ospizi per i poveri, istituti di educazione al lavoro o cliniche psichiatriche senza una sentenza giudiziaria. Casi come questi erano detti «internamenti amministrativi». Capitava anche che avvenissero sperimentazioni di farmaci. Molte persone venivano anche sterilizzate contro la loro stessa volontà o costrette a dare in adozione figlie e figli.

Fotografia in bianco e nero di una donna sotto un albero spoglio. La donna si copre il viso con la mano, rendendolo irriconoscibile. L'immagine trasmette solitudine e disperazione. È stata scattata nel 1971 nella clinica psichiatrica universitaria di Münsingen.
La solitudine e l'emarginazione hanno segnato la vita di molte delle persone interessate. Molte di loro soffrono ancora oggi delle conseguenze psichiche e fisiche delle misure coercitive a scopo assistenziale e della stigmatizzazione che queste esperienze hanno comportato. Clinica psichiatrica universitaria di Münsingen, 1971. Immagine: Werner Haug. Fonte: WHA_A_02.014, © Werner Haug / Fotostiftung Schweiz.

Le persone interessate erano a volte vittime di gravi violenze psichiche, fisiche e sessuali, esposte alla fame, trascurate dal punto di vista della salute o sfruttate economicamente. 

Autorità, chiese e soggetti privati erano responsabili di questo dolore. Avevano formato un sistema di assistenza poco trasparente, caratterizzato da rigidi principi morali, dalla mancanza di un controllo e da considerazioni rispetto ai costi. Corresponsabile era poi anche la società, che taceva fingendo di non sapere o voltava il capo dall’altra parte. 

C’erano anche eccezioni. Alcune bambine, bambini e adolescenti facevano esperienze positive in istituti o nei luoghi di affidamento e ne uscivano rafforzati. E questo dimostra che anche nel contesto di allora era possibile offrire buone condizioni alle persone in affido e pensare al loro benessere.

Nella seconda metà del XX secolo, le misure coercitive a scopo assistenziale calarono sempre di più dal punto di vista numerico. Le critiche iniziavano a farsi sentire, la povertà a diminuire e la società ad aprirsi. Dopo l’adesione della Svizzera alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nel 1981 fu soppresso l’internamento amministrativo. Questo fu sostituito dalla privazione della libertà a scopo di assistenza, che garantiva una migliore tutela legale alle persone interessate. Il processo di rielaborazione delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari si riferisce quindi al periodo precedente al 1981.

Fotografia in bianco e nero di una bambina piccola che si aggrappa alla gonna di una donna adulta. Si tratta di una bambina in affidamento e della sua madre affiliante. La foto è stata scattata da Walter Studer nell'Emmental nel 1954. Sullo sfondo si vedono le pareti di una casa di legno, mentre in primo piano c'è una carrozzina per bambole.
Bambina in affidamento e madre affiliante nell'Emmental, 1954. Immagine tratta da un reportage per la rivista «Schweizer Illustrierte Zeitung». Immagine: Walter Studer. Fonte: 242162758 (RM), © Keystone sda.

Oggi. Conseguenze e rielaborazione

Le misure coercitive a scopo assistenziale avevano spesso effetti drastici sulle persone interessate, che condizionavano tutta la loro vita. Le conseguenze durano ancora oggi, per loro stessi e per le generazioni seguenti.

La ricerca dimostra che chi ha vissuto esperienze di violenza spesso soffre di malattie psichiche, dolori cronici, difficoltà finanziarie, ha una formazione peggiore e vive ai margini della società. Le conseguenze per la società sono costi sanitari più alti, per esempio, e diseguaglianze sociali.

Negli anni Novanta del secolo scorso in Svizzera prende il via un ampio confronto politico sul tema. Dal 2017, con la «Legge federale sulle misure coercitive a scopo assistenziale e i collocamenti extrafamiliari» la Svizzera ha a disposizione una base legale che riconosce la sofferenza e l’ingiustizia patite e consente di pagare alle vittime un contributo di solidarietà. 

Persone con foto
Ex bambini in appalto posano davanti al Palazzo federale con foto di sé da bambini. Lancio dell'iniziativa di riparazione il 31 marzo 2014. Immagine: sconosciuto. Fonte: Persone interessate sulla Piazza federale in occasione del lancio dell'iniziativa il 31 marzo 2014 (iniziativa di riparazione), archivio dell'Organizzazione degli Svizzeri all'estero.

Anche Cantoni e comuni, ma anche le chiese nazionali, altre organizzazioni e fondazioni, partecipano alla rielaborazione storica  del fenomeno. Istituiscono luoghi della memoria e sensibilizzano il pubblico all’ingiustizia subita. 

Il processo di rielaborazione comprende studi scientifici sulle misure coercitive a scopo assistenziale e sui collocamenti extrafamiliari. La tematica è stata analizzata negli anni anche da due grandi progetti di ricerca nazionali. I risultati di queste ricerche sono accessibili al pubblico, per esempio tramite la banca dati di questa piattaforma web. 

La Svizzera non è l’unica ad aver avviato un lavoro di rielaborazione di questa ingiustizia storica. A livello internazionale, si nota che nonostante le diverse situazioni di partenza, i meccanismi, le esperienze delle persone interessate e il tipo di violenza patito sono molto simili.

Molti Paesi si impegnano per cambiare la loro cultura della memoria. Le persone che prima venivano sistematicamente discriminate e spinte ai margini della società devono ora poter prendere la parola e avere un posto nella società e nella memoria culturale comune.

Fotografia a colori di diversi bambini e due adulti dietro uno striscione con la scritta “Every Child Matters”. “Every Child Matters” è un movimento canadese che si concentra sui diritti, il benessere e la dignità di tutti i bambini, in particolare quelli indigeni.
I bambini si preparano alla prima marcia della riconciliazione a Montréal. 30 settembre 2021. «Every Child Matters», in italiano «Ogni bambino conta», è un movimento canadese che pone al centro i diritti, il benessere e la dignità di tutti i bambini, in particolare quelli indigeni. Immagine: Mario Beauregard. Fonte: CP135569129, © The Canadian Press Images.

E domani? Riconoscere, trasmettere, cambiare modo di pensare

Non solo le persone interessate e le loro famiglie sentono le conseguenze delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari, ma anche la società di oggi. Confrontarci con la storia ci permette però di imparare dagli errori del passato.

La Confederazione paga alle vittime di misure coercitive a scopo assistenziale e di collocamenti extrafamiliari un contributo di solidarietà di 25 000 franchi. Questo contributo di solidarietà è un riconoscimento simbolico dell’ingiustizia subita e consente a molte vittime di realizzare un grande desiderio per la prima volta nella loro vita. Non è però un risarcimento regolare, in grado di migliorare stabilmente le loro condizioni di vita.

In tutti i Cantoni esistono servizi di contatto e archivi che aiutano le persone interessate a richiedere il contributo di solidarietà o a rielaborare la propria storia personale. 

La sala di lettura e la biblioteca del nuovo Archivio di Stato del Cantone di Turgovia a Frauenfeld, progettate dallo studio Jessenvollenweider Architektur, invitano a consultare i documenti e a ricercare la propria storia.
La sala di lettura e la biblioteca del nuovo Archivio di Stato del Cantone di Turgovia a Frauenfeld, progettate dallo studio Jessenvollenweider Architektur, invitano a consultare i documenti e a ricercare la propria storia. Immagine: Julian Salinas. Fonte: Sala di lettura e biblioteca nel nuovo archivio di Stato del Cantone di Turgovia a Frauenfeld, progettato dallo studio Jessenvollenweider Architekten, © Julian Salinas.

È molto importante che tutta la popolazione e anche le generazioni future conoscano questo capitolo della storia svizzera. Tramandare, quindi, è fondamentale. Il programma «ricordare per il domani», che comprende anche questa piattaforma web, una mostra itinerante, proposte per le scuole e tante altre attività, è il contributo della Confederazione  a questo scopo. 

Molte persone interessate non possono nemmeno immaginare di andare in un ospizio in età avanzata, per via delle brutte esperienze fatte con le istituzioni. Anche le figlie, i figli e i nipoti si portano spesso dietro le conseguenze delle esperienze vissute, anche se le persone interessate non gliene hanno mai parlato direttamente. Su questa piattaforma web trovate anche una panoramica dei diversi servizi di assistenza per le persone interessate, oltre a indicazioni per il personale sociosanitario.

Anche oggi esistono misure coercitive e collocamenti extrafamiliari. La situazione giuridica e la giurisprudenza, però, hanno fatto diversi passi avanti in Svizzera dagli anni Ottanta del secolo scorso. 

La tutela dei bambini e degli adulti ruota oggi intorno alla custodia, all’assistenza e alla protezione di persone bisognose di aiuto. 

Quando il benessere di una bambina o di un bambino è a rischio e i genitori non sono in grado di migliorare la situazione con le loro forze, l’Autorità di protezione dei minori e degli adulti (APMA, o ARP in Ticino) decide di applicare la misura di sostegno meno invasiva possibile. L’obiettivo non è togliere la responsabilità ai genitori ma trovare soluzioni comuni. Il collocamento fuori dalla famiglia è l’ultima risorsa disponibile. 

Per le persone adulte esistono diverse forme di curatela, che le aiutano a gestire la vita quotidiana. Solo quando una persona soffre di un grave disturbo psichico o di una disabilità mentale, o si trova in grave stato di abbandono, può essere sistemata in un istituto adatto. Ma solo quando le altre soluzioni non funzionano e una misura più leggera non basta.

Esistono misure coercitive non solo in ambito civile, ma anche nell’ambito penale e nel diritto in materia di asilo e di stranieri. Queste misure vengono disposte contro la volontà delle persone interessate e limitano la loro libertà personale.

L’esecuzione delle sanzioni penali e il lavoro sociale sono diventati più aperti e più trasparenti. Al tempo stesso, sono stati rafforzati i diritti delle persone interessate, come le possibilità per fare ricorso, per esempio. La pratica attuale, però, è ancora in via di trasformazione e deve affrontare diverse sfide. Il rispetto della dignità umana e lo Stato di diritto hanno la massima priorità in questo percorso.

Il confronto con la storia dimostra che ogni volta che una società entra nella vita delle persone che ne fanno parte, si crea una tensione di fondo tra assistenza e controllo. Chi viene considerato bisognoso di assistenza o di tutela? Fino a che punto possiamo decidere in prima persona della nostra vita? Quali sono i nostri diritti e come possiamo farli rispettare? E in quali casi interviene lo Stato? Dobbiamo continuare a farci queste domande e a discutere sul tema.