Rielaborazione da parte dello Stato
La rielaborazione politica delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari inizia in Svizzera a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Nel 1986 un consigliere federale chiede per la prima volta scusa per la sottrazione sistematica di bambine e bambini jenisch alle loro famiglie e avvia un processo di rielaborazione. All’iniziativa seguono diversi interventi politici nel Parlamento federale su varie misure coercitive. Nel 2010 una consigliera federale chiede scusa alle persone che sono state oggetto di internamento amministrativo. Nel 2013, infine, a Berna si tiene una giornata nazionale della memoria e si avvia una tavola rotonda per analizzare a fondo la questione. Dal 2017, la Svizzera ha una base legale per la rielaborazione delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari.
Sottrazione di bambine e bambini alle famiglie jenisch
Le prime critiche alle misure coercitive a scopo assistenziale circolano già all’inizio del XX secolo. Solo il boom economico, la costruzione dello Stato sociale dopo la Seconda guerra mondiale e il conseguente cambiamento sociale portano però a un graduale ribaltamento delle pratiche e a modifiche delle basi legali. I media parlano per la prima volta della separazione sistematica delle famiglie jenisch all’inizio degli anni Settanta.
Questo reportage, in cui la popolazione jenisch chiede allo Stato di assumersi le sue responsabilità, dà il via a un dibattito pubblico e porta nel 1973 allo scioglimento dell’opera assistenziale «Bambini della strada». Dopo una lotta lunga e a tratti accesa, la popolazione jenisch riesce a essere sentita anche in Parlamento. Nel 1986 Alphons Egli, allora presidente della Confederazione, chiede scusa per i cofinanziamenti concessi dallo Stato all’ «opera assistenziale» della Fondazione Pro Juventute e per l’enorme dolore causato. Nel 1987 si scusa anche Pro Juventute. Nel 1988 viene nominata una commissione degli atti e dei fondi d’archivio, allo scopo di consentire alle persone jenisch interessate di accedere ai dossier che le riguardano. Fino al 1992 viene inoltre pagato alle vittime un indennizzo finanziario di un massimo di 20 000 franchi ciascuna. Gli atti sono conservati nell’Archivio federale svizzero.
Lotte per il riconoscimento dell’ingiustizia e della sofferenza
Altre persone vittime delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari continuano a lottare per il riconoscimento dell’ingiustizia e della sofferenza patite. Alcune di loro raccontano le proprie toccanti storie di vita e si impegnano con coraggio per ottenere un riconoscimento e una riparazione. L’unione delle persone interessate in organizzazioni e la crescente sensibilizzazione della società per i loro diritti porta infine a una svolta. Politiche e politici presentano interventi in Parlamento, dietro esortazione di persone interessate. Con il sostegno di personalità del mondo della cultura, della ricerca e dei media, ottengono un confronto pubblico sul tema. Precedentemente erano già apparsi alcuni studi scientifici che confermavano i racconti delle persone interessate: non si trattava di tragici casi isolati ma di intromissioni nella vita di centinaia di migliaia di persone in tutta la Svizzera.
Lo Stato si assume la responsabilità
La Svizzera non è l’unico Paese a confrontarsi con questo oscuro capitolo della sua storia. Il processo di rielaborazione politica si rivela però complesso, per via delle responsabilità cantonali e comunali delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari. La Confederazione si assume infine la responsabilità di quanto accaduto insieme ai Cantoni e dà il via a un processo nazionale di riabilitazione e di riconoscimento dell’ingiustizia subita da donne e uomini in ogni angolo del Paese. Questo lavoro di rielaborazione è possibile grazie alla lotta agguerrita condotta per decenni da persone interessate disposte a raccontare al pubblico le loro storie.
Nel 2010 la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf chiede scusa in occasione di un evento commemorativo nel carcere femminile di Hindelbank, insieme a rappresentanti dei Cantoni. Le scuse sono rivolte a tutte le persone internate in istituti senza una condanna penale. Questo accade 30 anni dopo l’annullamento delle basi legali per l’internamento amministrativo, sostituite nel 1981 dalle nuove disposizioni sulla privazione della libertà a scopo di assistenza (PLA) nel Codice civile.
Nell’aprile del 2013 Berna ospita una commemorazione nazionale. L’allora consigliera comunale Simonetta Sommaruga, insieme a rappresentanti dei Cantoni, delle Chiese nazionali e di associazioni, chiede scusa davanti alle circa 700 vittime presenti per l’ingiustizia e la sofferenza patite. Tra il pubblico ci sono persone che sono state sfruttate economicamente come forza lavoro in aziende agricole, sottoposte ad abusi in orfanotrofi o istituti, condannate a subire misure coercitive in psichiatria o costrette a dare in adozione figlie e figli. Questa commemorazione segna l’inizio di un ampio processo nazionale di rielaborazione politica. La consigliera federale convoca una tavola rotonda per tutte le vittime di misure coercitive a scopo assistenziale e di collocamenti extrafamiliari. I consultori cantonali per l’aiuto alle vittime di reati, con la consulenza di persone interessate, e gli Archivi di Stato iniziano a dare assistenza alle vittime nella ricerca degli atti che le riguardano.
Nel settembre del 2013, il Parlamento approva la Legge federale concernente la riabilitazione delle persone internate sulla base di una decisione amministrativa, che entra in vigore il 1° agosto 2014. La legge riconosce l’ingiustizia subita e diventa la base per gli studi scientifici sugli internamenti amministrativi, regola l’archiviazione e la visione degli atti ma esclude espressamente prestazioni finanziarie per le vittime. Ma non finisce qui, e vengono adottate altre misure.
Base legale per una rielaborazione generale
La tavola rotonda già citata ha lo scopo di avviare un ampio processo di rielaborazione e di introdurre e accompagnare misure sul tema. Al tavolo di lavoro partecipano sia persone interessate e rappresentanti delle loro associazioni, sia rappresentanti di autorità, istituzioni e organizzazioni. Viene creato un fondo per l’aiuto immediato di persone interessate in condizioni di necessità. La relazione della tavola rotonda contiene raccomandazioni sulla rielaborazione storica, giuridica, sociale e politica del fenomeno e sulle prestazioni finanziarie ed è una base importante per l’elaborazione delle future proposte di legge.
Contribuisce a far seguire alle parole i fatti anche l’«Iniziativa per la riparazione» lanciata da Guido Fluri insieme a un ampio comitato di sostegno nel 2014. L’iniziativa chiede un riconoscimento ufficiale dell’ingiustizia imposta alle vittime, il pagamento di un contributo di solidarietà, l’avvio di studi scientifici sul tema e una campagna di informazione e sensibilizzazione del pubblico. Il Parlamento accoglie infine la controproposta del Consiglio federale, che tiene conto delle principali richieste dell’iniziativa e, in più, regola l’archiviazione e la visione degli atti e prevede per legge un servizio di consulenza e assistenza a favore delle vittime e delle persone interessate. L’approvazione della controproposta del Consiglio federale permette di attuare molto più rapidamente le misure di rielaborazione.
Il 1° aprile 2017 entra in vigore la Legge federale sulle misure coercitive a scopo assistenziale e i collocamenti extrafamiliari prima del 1981, in breve LMCCE. La norma sostituisce la già citata Legge federale del 2014 concernente la riabilitazione delle persone internate sulla base di una decisione amministrativa. Sulla base della LMCCE, le vittime possono richiedere un contributo di solidarietà di 25 000 franchi. Per la legge sono «vittime» le persone che le misure coercitive a scopo assistenziale e dai collocamenti extrafamiliari hanno leso direttamente e fortemente nella loro integrità fisica, psichica o sessuale e nel loro sviluppo intellettivo. La legge regola anche l’accesso agli atti per le persone interessate, gli studi scientifici sul tema e la loro diffusione al vasto pubblico, e spinge i Cantoni a istituire dei «simboli commemorativi ».
Coscienza pubblica dell’ingiustizia subita
Sulla scia della legge federale, anche Cantoni e comuni da un lato, e organizzazioni e fondazioni dall’altro, partecipano al lavoro di rielaborazione. Come «simboli commemorativi» costruiscono memoriali, partecipano a mostre, commissionano studi scientifici e sensibilizzano il pubblico all’ingiustizia subita. Dal 2023 la città di Zurigo eroga un contributo di solidarietà aggiuntivo se nell’applicazione delle misure erano coinvolte autorità o istituti legati alla città. Altri comuni e Cantoni come Sciaffusa e Zurigo hanno intenzione di seguire l’esempio.
Nel febbraio 2025 il Consiglio federale riconosce quello commesso contro la popolazione jenisch come un «crimine contro l’umanità» alla luce di un parere politico basato sull’attuale diritto pubblico internazionale. La sottrazione a sfondo razzista di bambine e bambini alle famiglie jenisch rappresenta secondo l’interpretazione attuale una gravissima violazione dei diritti umani. La Confederazione si sta attualmente confrontando con Jenisch e Sinti sui passi da compiere in futuro.
La rielaborazione delle misure coercitive a scopo assistenziale e dei collocamenti extrafamiliari prosegue a tutti i livelli politici. Oltre a questo, anche organizzazioni e istituzioni private, sociali e religiose hanno iniziato a confrontarsi con la propria storia e con le persone interessate.